Europa ritrovata

Sabato 18 novembre a Bookcity Milano Giorgio Ficara ha presentato, insieme a Stefano Salis, Guido Gentili e Mario Cantilena, l’ultimo libro di Carlo Ossola EUROPA RITROVATA. Geografia e miti del vecchio continente (Vita e Pensiero, 2017). Cecilia Ghelli lo ha recensito per Archicultura.

Il nuovo libro di Carlo Ossola è costituito dagli articoli usciti tra la primavera e l’estate 2017 sul Sole

24ore, ora raccolti in un volume con delle belle fotografie a colori a commento visivo delle pagine scritte. A queste, redatte attorno ad una cartina di sedici luoghi emblematici da visitare, che si trova in apertura del libro a indicare il percorso del viaggio, seguono due riflessioni sulla partenza e sul ritorno e quella, straordinaria, di Miti d’Europa: quattro fondamenti, nei quali Ossola individua i punti cardinali dell’anima europea. Il titolo, Europa ritrovata, si ispira all’ Europa riconosciuta di Salieri, opera che inaugurò La Scala di Milano nel 1778. Spostandoci sulle ali dell’ippogrifo di Ossola entriamo nel paesaggio della “memoria collettiva del pensare europeo” che ci mostra come le città visitate, sull’esempio del Calvino delle Città invisibili, possiedano delle nicchie (case, palazzi, memorie di storie, personaggi storici) che, come ombre salde, ci conducono in una dimensione altra, sospesa tra pagine di libri e realtà attuale. Si inizia da Anderlecht (Belgio), dove è situata la casa di Erasmo da Rotterdam, su cui Ossola ha finemente scritto (Erasmo nel notturno d’Europa, Vita e Pensiero, 2015), poi a zig zag in Francia (Saint-Benoît-sur-Loire, Germigny-des Prés, Fréjus); Svizzera (Negrentino e Mogno); Germania (Teviri); Ungheria (Pécs); Ucraina (Leopoli, Odessa); Turchia (Ankara); Grecia (Mistrà); e poi Italia (Otranto, Reggio Calabria), Spagna (Liébana) e Portogallo (Belém), e ancora su, fino all’Irlanda (Glendalough), per ritrovarsi a Roma. Qui il simbolo emblematico non è il Colosseo, ma l’affascinante chiesa ipogea di San Clemente, dove vive il passaggio dei secoli. E poi, ancora, incontriamo città che sono state e magari saranno di nuovo dell’utopia o dello sguardo; della sapienza e della poesia. La memoria di guerre e stragi che l’Europa è stata si placa in una sorta di “vincolo della pace” e di “diritti intangibili della personalità” (è Stephen Zweig che Ossola fa parlare nel libro dedicato a Erasmo), appelli di cui il vecchio continente ha forse perso la memoria. Come sembra vacillante o dimenticato il concetto di “bene pubblico”, ha ricordato Giorgio Ficara, insieme al “principio speranza” teorizzato

dal filosofo Ernst Bloch. Bloch dava importanza alle favole, ai sogni e questi aspetti sono il “punto” che attira, come quando si osserva una fotografia, perché da lì si originano le intermittenze del cuore e della memoria da cui prende vita il racconto di Ossola del viaggio nella grande cultura europea. E leggendo il libro ci accorgiamo che l’Europa non è solo un “melograno di lingue”, secondo la felice definizione del poeta Andrea Zanzotto, ma anche di pagine e pagine di libri, i cui fondamenti di pensiero sono il modo nel quale sono stati rielaborati e trasformati gli antichi miti.  Europa fu rapita da Giove ci dicono gli antichi greci, ma questo mito, ha ricordato Giorgio Ficara, si deposita e si trasforma nelle peripezie della novella boccacciana di Alatiel, attuando quello che per Ossola è il lascito di quell’antica ‘eredità’, proprio nel viaggio tra manoscritti e testi antichi che circolarono nella romanità e che approdarono, poi, alle stanze, pronte ad accoglierle, della letteratura e della cultura neolatina.

Ma il suo racconto acquista più valore soprattutto grazie alla seconda parte: Miti d’Europa: quattro fondamenti. È un grande mare dell’essere e della scrittura quello che viene ritagliato, in cui concorrono i padri fondatori di molta letteratura e di molto sapere della nuova dell’Europa, padri che vengono da lontano, come gli ‘africani’ Agostino e Apuleio, come Dante e Boccaccio, come lo spagnolo Cervantes o il tedesco Goethe e il francese Mallarmé e poi il dublinese James Joyce e, infine, il poeta della “parola-tenda/ che si va liberando: / /  Insieme”, Paul Celan, che per Ossola è un faro di civiltà da leggere nei tempi bui. I fondamenti sono “persone”: Ulisse e Enea, che rappresentano la “dignità della ricerca e l’obbligo della responsabilità”; Eros e Psiche, bellissima metafora dell’amore e dell’anima che percorre i secoli e che insegna, sulla scorta delle Genealogie di Boccaccio, che solo il “desiderio tornito da speranza è Voluttà”, essendo Voluttà la figlia della famosa coppia. C’è anche una riflessione sul significato della parola “luogo” -tenuta alla Biennale di Democrazia di Torino nel 2015- “Aristotele non abita più qui”. Per una teoria politica del luogo comune, che offre spunti interessanti sul senso dato a “luogo proprio”, che migra in quel “luogo comune” che è la dignità dell’uomo, perché, ricorda Ossola, “l’umanità è una; si muove per bisogno e per reciproca collaborazione”.  E, infine, Il mausoleo di Lenin, curiosa favola che riconduce ad un’antica ordalia ed all’idea religiosa del corpo, simulacro del profeta e del messia. È, questa, la prima tappa europea; la prossima la leggeremo in uscita da Marsilio in un libro dal titolo “Nel vivaio delle comete”. Figure di un’Europa a venire.

 

Cecilia Ghelli

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