Le parole perdute di Amelia Lynd

 

Presentazione del libro di Nicola Gardini “Le parole perdute di Amelia Lynd”, vincitore del Premio Viareggio-Repaci 2012 e del Premio Zerilli Marimò.

Introduce Cecilia Ghelli.

Il romanzo Le parole perdute di Amelia Lynd ha un centro, uno snodo importante dove si svolgono le vite, si sciorinano i giorni e i fatti, si generano i personaggi: è la portineria. Il luogo è piccolo, una cucina con un mobile letto dove dorme Chino, il giovanissimoprotagonista, una camera da letto, quella dei genitori, una finestra che guarda su un filare d’alberi, che si chiude a scrigno sulla casa di via Icaro, L’altra porta-finestra guarda verso l’interno del palazzo: androne e scale da cui si vedono passare gli inquilini con cui spesso si interloquisce. Di questi occorre ricordare che molti sono donne, amiche/nemiche della portinaia, signora Elvira, che ci vengono incontro subito, in apertura del romanzo, come  un “coro”comico. La portineria è il luogo di esso dove si intrecciano vite e parole. Vestale ne è la signora Elvira, che tiene i destini del piccolo mondo: non solo compie i suoi doveri quotidiani con abilità e quasi con amore, ma raccoglie confessioni e livori, accoglie e giudica parole e persone secondo una legge del contrappasso tutta particolare, di cui mette a parte il figlioletto e il marito. Verso l’alto, verso la tromba delle scale e verso gli appartamenti degli inquilini, si svolge il quotidiano passar delle ore cui si adatta subito il lettore, il quale attende qualche rivelazione da Elvira, sibilla tragicomica. Il suo sogno di madre e di donna è quello di divenire proprietaria di un appartamento, essere “condomina” ed è per questo che cerca di risparmiare il più possibile il denaro, tra lo stupore ansioso del bambino Chino, introdotto al vivere dalla trasparenza del vetro della portineria, schermo del mondo, e dalle lamentazioni del marito, personaggio più prevedibile, che fa da “spalla” all’ appassionata Elvira.

Lo scorrere della vita è registrato dal narratore, il piccolo Chino, che osserva le vicende con trepidazione, curiosità, timore. Egli è chiuso nella sua infanzia, nel mistero di chi scopre cos’è l’esperienza. Sembra un bambino muto, che ancora sia alla ricerca di parole appropriate e che “imparerà” a parlare e a pensare osservando l’esperienza del vivere, grazie all’aiuto di un’angelica presenza o di un’antica fata.  Chi lo aiuta in questa ricerca è Amelia Lynd, che parla perfettamente inglese e italiano, viaggiatrice giunta da lontano in via Icaro, con un bagaglio di parole perdute (un dizionario da lei compilato con il quale insegnava ai bambini e che sembra essere più che un vocabolario, un  romanzesco  intrecciarsi di storie, esperienze, riflessioni), delle quali  metterà a parte Chino. Amelia, la “Maestra”, come viene ribattezzata dalla madre del bambino, suscita le curiosità più sfrenate delle signore del palazzo, che fanno a gara per avvicinarla e che invidiano profondamente la signora Elvira, la quale ha con lei un ottimo rapporto, soprattutto grazie a Chino. Il bambino frequenterà l’appartamento di Amelia che si trasforma nell’aula di una scuola speciale. Nel soggiorno della Lynd si distilla sapienza, conoscenza, dialogo comunicante. Il libro delle parole perdute diviene lo spunto per  un infinito intrattenimento di ogni domanda, di ogni ansiosa curiosità del piccolo Chino che, proprio in casa di Amelia, verrà ribattezzato Luca (da lucky, fortuna). Nome perduto e ritrovato, Luca sostituisce Chino, introducendo il bambino ad una conoscenza sapienziale del mondo, di cui Amelia è la custode. E’ questo un nome importante, perché segna il passaggio dall’infanzia inconsapevole ad una adolescenza attenta e partecipe. Sappiamo che Chino/Luca si iscriverà al liceo classico e riuscirà bene negli studi, perché Amelia è la sua mentore e nella casa di lei Luca si avvicinerà e conoscerà il mondo come luogo di segni, di cui il dizionario perduto della signora Lynd diviene la stele di Rosetta.

Muore misteriosamente Amelia e appare, deus ex machina, il figlio Ippolito, che non può sostituirsi a lei nel rapporto con il giovane Luca, che però, avrà comunque in lui una guida. Anche Elvira si “innamorerà” di questo figlio della Maestra; tra loro il rapporto procederà anche per ambiguità: il gioiello che Ippolito regala a Elvira che lei interpreta come pegno d’amore. Tutto finisce con un incendio e l’abolizione della portineria, la partenza di Ippolito e… un regalo per Luca: l’  “anima della adorata Olivetti”, bruciata ma con  i martelletti ancora intatti e le lettere ancora leggibili. Regalo meraviglioso: piccola biblioteca di Babele con cui Luca scriverà la propria avventura nel mondo

 

Cecilia Ghelli.