Carlo Ossola

Quest’anno il premio alla carriera che l’associazione ARCHICULTURA di Acqui Terme destina a personalità che si sono distinte nella sfera della cultura letteraria, è stato assegnato all’unanimità al torinese CARLO OSSOLA, dal 2000 professore di Letterature moderne dell’Europa neolatina presso la prestigiosa istituzione del Collège de France. Il premio sarà consegnato ad Acqui Terme sabato 7 settembre alle ore 16 presso la Sala Belle Epoque del Grand Hotel Nuove Terme, in occasione della lectio magistralis che terrà Ossola.

La storia di questo professore fa pensare quasi  fantasticamente all’immagine del “clerico vagante”, proprio per i luoghi nei quali ha insegnato: Ginevra, Padova, Torino, la Fondazione Cini di Venezia, Parigi e l’Università della Svizzera Italiana a Lugano, dove dirige un master di Lingua, Letteratura e Civiltà italiana, l’Accademia dei Lincei e i viaggi negli USA come visiting professor. Per questo, forse, può anche definirsi studioso di “frontiera”, luogo aperto e pieno di fascino: passaggio e divenire. Ossola, infatti, ha dialogato e dialoga con personalità diverse per impostazione critica -ricordiamone alcune: Giovanni Getto, Jean Starobinski, Maria Corti, il poeta Yves Bonnefoy, Michel de Certeau, Marc Fumaroli, Cesare Segre e altri- ed ha conosciuto varie realtà e scuole accademiche. Alle origini due passioni: quella antica per la poesia di Ungaretti,  di cui ha curato per i Meridiani Mondadori l’edizione critica delle opere in poesia e in prosa, e gli studi sul Rinascimento (Autunno del Rinascimento: idea del tempo dell’arte nell’ultimo Cinquecento, 1971 e poi la bella corona di saggi Dal “Cortegiano” all’ “Uomo di mondo”: storia di un libro e di un modello sociale, 1988)

Ossola ha anche studiato (1977) con interesse la mistica e il suo linguaggio paradossale, intessuto di ossimori e antitesi, linguaggio che inseguirà anche nelle pagine dei poeti moderni e contemporanei. Di questi ricordiamo gli studi su Giovanni Giudici (1978) e naturalmente il poeta dei poeti,  Dante, a cui ha dedicato due scritti: Dante poeta del Novecento (Ediz. de Il Sole 24 ore, 2002) e Introduzione alla Divina Commedia(Marsilio,2012).

Quali sono le caratteristiche del linguaggio poetico e in generale della letteratura per Carlo Ossola? Si può rispondere a questa domanda con il titolo di un libro di suoi saggi: Figurato e rimosso: icone e interni del testo (1988). La storia della parola “figura” è antica: vengono subito alla mente le pagine di Erich Auerbach su Dante, i “topoi”, i “luoghi” retorici e di senso, indagati da Ernst Robert Curtius a cui possiamo anche aggiungere l’attenzione che padre Pozzi ha dedicato alla figuralità della poesia. L’antica  figura, dunque, simbolo dell’immagine del mondo, trascina dietro di sé un continente di sapere e viene ad  intrecciarsi con un termine attuale, di origine psicoanalitica, “rimosso”: tutto ciò che sprofonda nel dimenticato. Ossola vede nelle strategie poetiche l’emergere della dialettica pieno/vuoto, e l’opera, come talpa che scava nel sottosuolo, manifesta il valore del poetico, dello storico e dell’ umano a un tempo, dando senso al mondo. Nella nostra epoca, preda della chiacchera e della tuttologia mediatica che restituiscono un mondo sfigurato, l’immagine che Ossola ci offre di ciò che chiamiamo per comodità “letteratura” è quella dell’ increspatura inquieta del “frammento”, dell’ “incompleto” che si annida nell’anima, nella memoria, nella vita. Ma questi frammenti sono “frammenti di un discorso amoroso”, direbbe Roland Barthes, saggista-scrittore tra i prediletti da Ossola,  intermittenti fuscelli poetici che persistono negli spazi della nostra mente e sono piccole cellule carichi di utopia immaginativa.

Ossola si avvicina ai poeti esibendo non solo un una memoria testuale e un apparato critico ricchissimi, ma prestando attenzione anche alle altre arti. Ne fa fede il discorso inaugurale quando nel 2000 si insediò sulla cattedra del Collège (Ulysse et Enée. Au seuil du Collège de France et d’un nouveau millénaire) dove abbondano i riferimenti alla pittura, alla scultura e al cinema. C’è per Ossola un’essenza “etica” dello studioso fatta di umiltà e di amore. Il critico, lo studioso è raffigurato nel “copista”, che trasmette la voce dei “profeti” e soprattutto nel “lanternarius”, colui che con discrezione indica la strada ai partecipanti che dopo il convivio vengono accompagnati a casa, come Ossola ci racconta nel bellissimo L’avenir des nos origines (Millon, 2004), libro raffinato e intelligente che molto può aiutare a riflettere sui destini culturali dell’Europa.

Ancora: essere professeur al Collège de France, significa anche pensare all’Europa, ma non nei termini “stretti” delle sole economie, bensì in quella aperta “svolta di respiro” che l’Europa ci ha consegnato: una longeva cultura che affonda le radici nella mnemosyne greca e nella memorialatina come nel medioevo cristiano e nelle corti del Rinascimento, in un divenire permanente e vitale, nato dalla mescolanza di varie identità e non cresciuta nel mito di una sola identità. La poesia, la cultura, sono dunque “stelle variabili”, pronte ad apparire e sparire secondo i tempi di “povertà” e “ricchezza” intellettuale che rispecchiano il nostro atteggiamento nei confronti del mondo poetico, artistico, musicale. Per Ossola la “biblioteca di Babele”, dove tanti sono i libri e le lingue, è parola e mondo: senza quella biblioteca che traccia meridiani, il vivere sarebbe pallido e smemorato. Soprattutto la  tensione continua con la vita che si deposita nella scrittura tiene particolarmente in conto un insegnamento che ha origine antiche e di cui Ossola è strenuo difensore: quello del dialogo, della conversazione e del galateo, valori che non appartengono all’oggi, che più votato all’insulto e alla prevaricazione.

Cecilia Ghelli