SPLENDENDO ALLA TUA SOGLIA

Torno a quel cielo, al limpido ronzare

tra le foglie del gelso, porto in dono

parole che non vogliono dormire.

La casa aveva il cuore di chi vive,

l’erba tra i muri, il lento sillabare

della voce dei morti che già furono

ospiti alle tua stanze. O miei tenaci

giochi all’aperto, foste come il soffio

della brezza d’aprile, come il rosso

delle more sul rovo.

    Qui la terra

inventa primavere, va lontano

la strada bianca all’urto del tallone.

Un’alba aggiunsi un’ala al mio volare.

Il gelso è ancora qui, ma non scintilla

il frutto, i rami arrancano nel cielo

simili a braccia spalancate. Il tetto

è nido abbandonato. Ma la luce

semina grani ai coppi e vi germogliano

sussurri e fiori.

   Chi mi spinge al volo

che taglia sghembo l’aria del mattino?

Vi è dunque ancora vita? Come un’arca

la casa si distende tra gli albori

del giorno, si consegna al suo fuggire,

si desta dal torpore. Allora accogli

di me il silenzio dopo il tanto andare

per strade sconosciute, custodisci

il fuoco dei ricordi. Saprò amarti

splendendo alla tua soglia ancora un’ora.

Giovanni Caso