La nenia del diavolo
Hai spento la luce: è tardi ora
e ancora riaffiora il buio che non è mai
tenebra per le ombre che si ricompongono,
e il sonno arranca nelle gole d’abisso
della disperazione, d’un letto sempre uguale
che non accoglie, d’uno slancio franto
che non solleva, crollano le tue pareti
ferite, le tue forze si piegano al vento
che flagella ora acuminato ora avvilente; ora
e ancora addolora il vuoto che mai
prende corpo peso, identico a se stesso,
incolore più del saluto di uno sconosciuto
e le membra s’avvitano, non trovano
spazio, come t’aggrappassi ad una fune
d’aria, come camminassi su terra
soffocata, in questo vuoto che scava,
che scova ora spietato ora distratto; ora
e ancora rincuora quasi, il perpetuarsi
di questo cerchio di dolore che leggi
sul volto di tutti e di nessuno, il ripetersi
perenne d’un vuoto che non sorprende,
che hai conosciuto e vissuto, stupefatto
in spirali d’assenza: nel silenzio diventa
tuo compagno, non te ne puoi più separare
e precipiti in una fossa profonda, t’incagli
in indifferenza ora voluta ora subita; ora
e ancora ti sfiora appena questa mano
tuo malgrado presente e ti arrendi al tempo:
è tardi ormai. Prendi sonno. Ora.
Fabrizio Bregoli