Al capolinea

salire sul 160, capolinea paziente

tra i due platani – sempre alla stessa ora –

muta solo l’umore, come le nuvole

                       uguale la mancanza

Il posto che preferisco è quello in fondo

al centro della fila orizzontale, il migliore

per assistere al film, puntuale:

piccola folla composta, in parte seduta in parte in piedi

si parla con gli sguardi, diffida di chi le sta accanto

           lo ama  lo cerca  lo urta

nell’inclinazione sottile dei corpi

ciecamente consegna alla fatalità del moto

ciascuno coprendo il suo cosmico tratto di asfaltocielo

E non so perché mi commuove

tutto di questo bus fendinuvole:

la marcia il freno i sobbalzi il contrasto dell’aria

il riflesso sul vetro del pianto stellare

il turbinio del sangue sottopelle

– nostalgia del bigbang – se il cuore

sta meditando di rallentare, predisporsi al viaggio

Guardo il treno correre nelle pupille di chi mi è davanti:

piccole locomotive accendersi – un bimbo mi fissa curioso –

curiosa anch’ io di vedere la sua fermata di scintille

decido di non scendere ancora

mi abbarbico al sostegno di uscita

(il viale continua oltre la piazza?)

Infine che cosa ho fatto se non

lasciarmi andare sulla scia dei nomi?

amicheamici che mi aiutate a scenderesalire

gioisco del vostro tocco    non so darvi in cambio

che qualche ritmo e un brusìo

di un arrivo lontano

                               che è già partenza     

Annamaria Ferramosca