“Rubabandiera”
Sei eravamo
come i pioppi lungo il canale,
tre da un lato tra i cespugli di verbena,
tre da un lato confusi agli oleandri.
Di fronte, nella sfida tutta in un respiro,
col cuore che scoppiava nello scatto
ad afferrare una bandiera leggera
calata nel verde oro della terra.
Era un numero, trattenuto ad arte
nella voce, a decidere chi fossero gli eroi
della sfida, quali mani vibrare nell’aria
nel gioco delle mosse e poi col trofeo
stretto in pugno via indietro come il vento
fino alla linea di partenza.
Ce ne stavamo mescolati nel rosso
dei riverberi, ombre veloci
tra il viola dei tramonti.
Al “Rubabandiera”
ci giocavamo un sogno di vittoria,
il primo nello stupore dell’infanzia,
inseguivamo la conquista, già guerrieri in erba,
per un punto, un bacio come tenera lusinga.
Noi sei soltanto,
l’infinito silenzio dei campi,
il tempo che lontano tesseva la sua tela
di fatiche e dolori,
noi ignari del domani, spighe di grano
spuntate appena, girasoli protesi
all’azzurro dei confini,
alla promessa della vita come favola di luce.
Oltre, la distesa a perdere le piane,
lo scollinare lontano degli ulivi, i filari
stretti nelle vigne.
Poi nient’altro.
Carmelo Consoli