Verso sera – Tre sonetti in ballata, per Isabella

Si fa più breve ogni anno primavera

più breve il giorno ad ogni nuova alba

ed ogni ora si fa più vuota e scialba

al dilagare greve della sera.

Cede il fervore alla forzata calma

dell’ego stanco che oramai non spera

in quei ‘sarà’ già degradati a ‘era’

e sogna quiete ed una coltre bianca.

E graffia in cuore il ruvido ricorso

del senso di lasciato, di perduto

che coniuga il rimpianto ed il rimorso:

fonti e ruscelli a cui non ho bevuto

fiumi di cui non ho seguito il corso

e mille vite che non ho vissuto.

Tempo guastato a proclamare il nulla

vita perduta in utopie e chimere

rabbia bruciata a scuotere bandiere

ansie occultate dietro celia e burla

e sterile disprezzo che maciulla

chi lo professa in trite tiritere

devastare in anguste notti nere

in giorni scarni, in rancorose urla

vigore antico e giovanili forme.

Quanto mondo mi resta sconosciuto

per triste accidia o per livore enorme!

Albe e tramonti che non ho veduto

strade su cui non ho marcato orme

e mille vite che non ho vissuto.

Figlia d’autunno troppo tardi sorta

alla soglia del mondo, luce mia

da te ho riavuto il canto, la poesia

e ho riacceso la vita. Mi conforta

l’orgoglio di guidarti all’ironia,

la fierezza di aprirti qualche porta

ma la mia storia non ti sia di scorta

nel tuo cammino. Per tutta la via

all’agire ho anteposto l’esitare.

Non meritavo quello che ho ottenuto

né ho dato ciò che avrei potuto dare

nè ricambiato quanto ho ricevuto.

Tu almeno, figlia, basti a compensare

le mille vite che non ho vissuto.

Tullio Mariani