La stanza cinese

Dalla pergola muove in volo

un merlo imitatore,

recita voci estratte a sorte,

talché nel caos scorgiamo logos.

Quello che s’indovina è previsione,

il resto si dimentica

o rimane rumore bianco,

un mugolo che mendica.

Ma ogni giorno cresce l’ammanco

tra quanto era fattibile ed è stato.

Quando l’aria sa già di neve nuova,

l’azzurro boato del cielo invernale

infrange le persiane

e le sfrega incendiandole di luce,

che sotto l’uscio invita a evadere

da questa stanza, dove tutto è

dedizione al rammarico e ai suoi simboli,

ogni momento pare già trascorso

e il futuro impossibile.

Amiamo crederci conoscitori

privilegiati di noi stessi, quando

invero ignoriamo a quale condotta

ci inviterà l’ evento venturo.

Pur vivendoci sempre dentro e accanto,

di noi sappiamo, ahimè, quanto degli altri.

Eppure è la pietà dimenticata

più dell’incomprensione a relegarci

nel profondo buio con le labbra chiuse,

mentre altre invano chiamano alla vita.

 

Motivazione:

Testo che sa racchiudere ed amalgamare elementi vari e diversi, rendendoli in una forma elegantemente misurata. La terza strofe, condotta quasi si trattasse di un’introspezione collettiva, crea un toccante momento etico, costruito con la dovuta leggerezza e, per questo, pienamente funzionale al senso all’intera composizione.

Maurizio Paganelli