Pensieri “piccolini”. Dante alla scuola per adulti

Pubblichiamo alcuni nuovi frammenti di Anna Gallia sulla scuola per adulti. Un’esperienza descritta con ironia e disincanto, che si tinge di colori da girone dantesco tra momenti di sconforto e conquiste quotidiane, dove nulla è dato per scontato e apprendere è un rapporto biunivoco.

La scuola media per adulti non esiste per i più, ad esempio non esiste per mio padre che annovera questa mia esperienza nella serie dei “non lavori” che ho collezionato, come la dottoranda e l’insegnante. Non sudo e non ho un padrone: non è un lavoro. Quando parlo di scuola media per adulti sento le luci rosse e soffuse che mi puntano e una strana eco erotica che mi imbarazza, suscitata dal riverbero di quel “per adulti” che, nella mia testa troppo viziata dai giochi linguistici, mi diverte moltissimo. Invece non c’è niente di charmant qui, niente di “vietato ai minori di…” c’è molto di ciò che non trova posto in altre scuole, studenti precari e insegnanti altrettanto precari, una zona Cesarini in cui si gioca l’ultima possibilità di temperare la matita seduti ad un banco.

 

Ci sono frasi qui che di colpo ti danno un gran senso di libertà lo stesso che dovrebbe provare un palloncino che non si sente più teso perchè il bambino ha deciso di sganciare pollice e indice e liberarlo dall’aria che lo gonfia. “Hai presente tutto quello che hai studiato all’università? Ecco, non servirà a un cazzo. Chi se lo fotte Dante qui?”. Così sono stata accolta da un collega: “CHI SE LO FOTTE”. Ho sentito tutti i miei 30 e lode scricchiolare nel libretto e mi sono sentita leggera. “Praticamente qui devono capire che qualcuno non ha perso le speranze con loro.” Ah, non ci sono crediti formativi che bastino, qui c’è da insegnare: finalmente. Alla fine qui chi se lo fotterà Dante, e figurarsi l’ineffabile Meneghello.

 

Non sono una fine dantista ma credo che Dante avrebbe messo le donne ex studentesse modello senza macchia, ansiose, fobiche e con un bel curriculum inamidato e gli occhialetti che scendono dalla curva del naso alla scuola media per adulti. Qui c’è il girone dei sedicenni pluribocciati che si pettinano e si sistemano i piercing mentre parlo, quelli che ti dicono “la aspetto fuori” e non per fare una cortesia e quelli con la rabbia che scintilla sul chiodo. È il mio contrappasso per espiare gli anni da portatrice malsana di saccenteria maturata al classico e all’università. Almeno Dante, quando il viaggio si faceva insostenibile, si concedeva di svenire per passare al girone successivo, a me, invece, tocca sempre lo stesso: quello dei sedicenni “prof, zero sbatti” e con il tedio cosmico, quelli insomma non della filosofia scolastica ma della vita antiscolastica. La navicella del mio ingegno, una smart consumata e sfinita che i miei studenti dicono che per misure mi si addica molto, venerdì è stata traslata di qualche metro nel parcheggio della scuola, forse per mettere alla prova contemporaneamente due dei miei lati peggiori: l’ansia e la stizza. Ho raddrizzato la mia fedele compagna a diesel e insieme abbiamo inforcato il cancello, erano le 18.30. E quindi uscimmo a riveder le stelle.

 

È la mia prova più dura, diamo dei numeri: 80 anni in cinque, insieme hanno una collezione di 15 bocciature alle medie e 4 denunce, 3 quaderni in 5 e 0 sbatti. Non si alzano sui banchi a gridare “capitano mio capitano” ma quando va bene dormono, con convinzione. Incredibilmente contro ogni previsione il segnale dell’encefalogramma si è increspato con Dante e la Divina Commedia. Non ci riuscì Saviano, un film, l’articolo sul bullismo ma S. ha preso appunti sui consiglieri fraudolenti e anche se credeva che i lussuriosi avessero peccato per troppa ricchezza ha tirato fuori i 2€ e ha visto Dante dicendo “Figo, fra’ (fratello)”. Buona ripresa cerebrale, per oggi.

Anna Gallia

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